Robert Doisneau fu un fotografo francese che nacque a Gentilly il 14 aprile del 1912 e morì a Montrouge il 1° aprile del 1994.
Fu considerato, insieme a Henri Cartier-Bresson, uno degli esponenti del fotogiornalismo e della fotografia umanista. Le sue opere, infatti, furono da sempre concentrate sulla rilevazione delle emozioni dell’uomo, mettendole al centro di ogni scatto.
Fu colui in grado di immagazzinare flash di momenti quotidiani, rendendoli iconici, veri emblemi della vita parigina, e dando anima a ogni sua sfaccettatura.
Il suo scopo fu quello di far uscire atteggiamenti e sensazioni in grado di creare un mondo migliore, un posto dove si sarebbe sentito bene con s e stesso e dentro al quale potesse rifugiare la propria fiducia e speranza.
Da ragazzino cominciò a studiare litografia all’École Estienne a Chantilly, dopodiché intorno al 1929, iniziò a lavorare per il fotografo pubblicitario André Vigneau. Solo un anno più tardi, si ritrovò a essere assunto come fotografo industriale presso l’azienda Renault di Billancourt.
In questi anni maturò la sua vera vocazione e cominciò a fare pratica tra le periferie parigine, nella strada, considerata dall’artista l’unica vera insegnante.
A quel tempo le riviste furono in grande espansione e lo scopo di Doisneau fu proprio quello di cercare di far “tramandare” le foto in qualche magazine del settore.
Con lo scoppio della seconda guerra mondiale, però, il fotografo decise di abbandonare momentaneamente la sua carriera per potersi unire alla resistenza e donare, così, le sue competenze da litografo per poter falsificare documenti importanti. Si ritrova, in questo periodo, a prestare i suoi servizi a Pierre Betz, editore del giornale Le Point.
Dal 1946 cominciò a rivolgersi, come fotografo indipendente, all’agenzia Rapho, con la quale collaborò per tutto il resto della sua vita; nello stesso anno vinse il Kodak Prize.
Nel 1949, infine, pubblicò il suo primo libro avente immagini iconiche sulla vita della capitale francese, una quotidianità non commerciale o basata sull’apparenza, ma semplice, quella che Doisneau “avrebbe voluto che fosse”: “la Banlieu de Paris”.
Fu una vera sfida per l’artista quella di dedicarsi completamente alla fotografia e decidere di farne un impiego: laddove fu presente una cultura in cui regnò l’indifferenza, l’ostilità e la poca comprensione nei confronti della fotografia, si fece largo lui, che diede una connotazione del tutto nuova alla professione, cercando di donarle rispetto, dignità e umanità. Fu una delle prime volte in cui questa forma d’arte fu vista al di là del mero scopo commerciale o pubblicitario.
I soggetti e le situazioni preferite dell’autore? Il romanticismo e i bambini.
La sua capacità di immergersi totalmente nella realtà, tanto da ricavare da essa dei momenti emozionanti, in grado di rappresentare i sentimenti e gli ideali di un’intera città, di un intero paese, lo hanno reso unico nel suo genere.
La sua incredibile sensibilità lo portò sempre a voler comunicare al mondo tutto ciò che riusciva a vedere e a ricavare dai momenti giornalieri.
Riuscì a rendere vivo, il mondo che sognò da sempre.
“Vi spiego come mi prende la voglia di fare una fotografia. Spesso è la continuazione di un sogno. Mi sveglio un mattino con una straordinaria voglia di vedere, di vivere. Allora devo andare. Ma non troppo lontano, perché se si lascia passare del tempo l’entusiasmo, il bisogno, la voglia di fare svaniscono. Non credo che si possa “vedere” intensamente più di due ore al giorno”
Robert Doisneau